Danze. Termine azzardato? Assolutamente no. I rugbyman sono in fondo splendidi ballerini con il fisico da Bronzi di Riace che si muovono sul campo regalandoci performance dotate di potenza, forza, perfezione e grazia.
Rugby World Cup esaltazione ultima, dove ultima sta a meta finale, premio ambito dopo lunghi ed estenuanti sforzi. Ancora una volta volti noti, star del rugby, squadre di indiscussa bravura, quasi infallibili. Veterani del calibro di Jonny Wilkinson o Simon Shaw con sulle spalle già qualche mondiale e qualche vittoria: per loro questa sarà l’ultima occasione da incorniciare nella galleria della loro memoria. Tanti i giovani alla loro prima esperienza, numerosi gli atleti sconosciuti che forse non supereranno neppure il primo turno, ma tutti ugualmente degni.
Da piccola restavo letteralmente appiccicata alla TV per godermi la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici. Incuriosita, affascinata, ammiravo lo sfilare delle varie Nazioni: le bandiere, i colori delle tnute sportive, i tratti somatici, i volti. Allora vedevo in quel miscuglio di razze un mondo unito sotto un’unica bandiera: lo sport. Ora, con molti anni in più e molta ingenuità in meno, sono rimasta incollata a godermi la cerimonia di apertura della Rugby World Cup 2011
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con lo stesso entusiasmo di allora, ma con molta più consapevolezza e con la grande differenza che stavo seguendo l’inizio di un Mondiale di uno Sport che adoro. Il pathos e la febbre erano già saliti alle stelle nelle settimane precedenti ogni qual volta leggevo una notizia che questa o quella squadra aveva raggiunto la Nuova Zelanda. Con il cuore in gola e con un nodo nello stomaco finalmente tutto ha avuto inizio.
E’ sera a Auckland e l’Eden Park risplende di migliaia di lucine come un cielo gremito di stelle. Mette i brividi. La cerimonia iniziale si rifà alla cultura Maori, ma onorerà le Nazioni invitate ed il gioco del Rugby, perché la storia di questo sport si scrive in Nuova Zelanda: riti, tradizione, appartenenza, ricchezza culturale e naturalistica. Sono i Maori i protagonisti indiscussi di questa splendida cerimonia e ci conducono per mano attraverso l’allegoria della vita riuscendo perfettamente a comunicare quanto il Rugby sia in fondo allegoria della vita stessa.
Canti, simboli, colori e luci: il richiamo dell’energia dall’universo. Un raggio parte dalla Terra dalla lunga nuvola bianca per raggiungere le 19 Nazioni invitate a cui è diretta la chiamata. I popoli rispondono e si uniscono perché l’Uomo è uno, nello spirito e nel cuore. Inizia il viaggio: dai quattro angoli del mondo partono le piroghe, si congiungono, si mischiano. Laggiù, sul palcoscenico dell’Eden Park, in un armonioso crescendo emozionale si formano due enormi pesci martello, simbolo di aggressività, che si scontrano su un immenso ovale luminoso. Il Rugby. Poi è Haka, splendida, intensa, che rilascia tutta l’energia guerriera di un vulcano.
L’emozione che mi chiude la gola si stempera addolcendosi quando un bambino con un grande pallone ovale fra le mani, sfidato da cento gladiatori, interpreta il gioco del rugby: la sfida, gli ostacoli insormontabili che deve superare, la realizzazione del suo sogno. La meta, il premio, nel gioco e nella vita. E mentre in alto risplende la regina del Rugby, una palla ovale di ben 4 metri, bianca, luminosa e bellissima non poteva che apparire Jona Lomu: campione di rugby, ma campione anche nella vita.
Quando lo stadio esplode in uno spettacolo pirotecnico mozzafiato la tensione accumulata si scioglie e da inguaribile idealista e romantica quale sono mi sento unita a tutti quelli che come me amano questo sport. Siamo tutti là in quell’enorme logo della RWC formato dalle comparse, un enorme ovale che ha i colori del pianeta Terra: azzurra, bianca e verde. Una Terra ovale. Se fossi lì piangerei. E mentre Eden Park si prepara alla prima sfida, Tonga-All Blacks, la festa coinvolge la città: canti Maori, cornamuse, musica, tradizione e modernità. Infine il cielo notturno esplode in uno spettacolo pirotecnico superbo.
Ora. che le danze abbiano inizio.
Sono ansiosa di vedere i nostri ragazzi azzurri e gli auguro di coronare il sogno del Mondo Ovale italiano di un buon piazzamento, ma non sarò di parte. Non mi interessano il business, il mercato, gli scoop o le critiche. Voglio vedere la passione dei Pumas, la fierezza dell’Inghilterra, la fantasia dei Les Bleus, gli svolazzi degli Wallabies e l’infallibilità degli All Blacks messa a dura prova. Voglio sciogliermi per l’ennesima volta ascoltando l’inno della Scozia e la storia che sta dietro le parole di quello del Galles e dell’Irlanda. Voglio scoprire le squadre sconosciute e “minori”. Voglio vedere il Rugby.
Dal 9 settembre al 23 ottobre gli occhi del mondo sportivo saranno puntati sulla splendida Terra dalla lunga nuvola bianca. Al di là degli onori che spetteranno a chi ne uscirà vincitore ci sarà comunque un unico risultato: l’integrità e la nobiltà del Rugby. Fatica, sangue e sudore.