Il Mondiale è giunto agli sgoccioli. Dopo questa full immersion nel rugby stellare durante la quale ho fatto una considerevole fatica a mantenere la testa fuori dalle acque per poter respirare, vedo il profilo della terraferma con un certo sollievo.
Ne abbiamo viste di tutti i colori e non solo sulle facce dipinte dei tifosi, sulle bandiere o sulle maglie degli atleti, tutti aspetti ben accetti e divertentissimi da vedere.
Mi riferisco al gossip, agli eventi inutili e noiosi che hanno fatto da contorno al piatto di portata principale. Il gioco della palla ovale, secondo me, non ha bisogno di contorni insipidi o piccanti per risplendere in tutta la sua gloria. Rimango e rimarrò sempre dell’idea che il rugby è fondamentalmente sudore, sangue e terra.
Gli Inglesi non andati in Nuova Zelanda per partecipare al Mondiale o per riempire le pagine dei rotocalchi con notizie di basso livello?
Alla luce dei fatti la loro fama si sta scollando come quei numeri che pendevano flosci dalle magliette nere, ostentate a sbeffeggiare i padroni di casa. Se ne sono andati con la coda fra le gambe e meno male, era l’unica cosa che potevano fare, e con tutta sincerità ne sono stata felice. In campo li ho visti male, mentre nelle attività extra mi sono parsi molto impegnati e ben predisposti.
Rufting, bungee jumping durante il quale Easter rimane infortunato prima del match con la Georgia (premio alla furbizia), tuffo di Tuilagi dal traghetto (no comment), per non parlare di quegli acumi di intelligenza di Haskell & Co. che si lasciano andare a commenti pesanti ai danni di una cameriera.
Ostentate espressioni di machismo che non servono a nulla, meglio quello che trasuda dai pori dei tanto criticati Springboks, almeno quello è genuino; almeno quello è espresso su un campo da gioco, attraverso le loro espressioni dure, gli impatti devastanti.
Ciliegina sulla torta: ecco che il rugbyman che profuma di regalità – Mike Tindall – si fa beccare a pomiciare fuori da un locale a neanche due mesi dalle nozze. Ora, non ho niente contro il pomiciamento e Tindall è libero di mettere le corna alla regale Zara, ma, Santo Cielo, non farti beccare!
Un bacetto e una toccatina hanno fatto il giro del mondo! Cosa ci ha guadagnato: uno smaronamento mondiale e la comparsa della dolce mogliettina che è piombata come un condor in Nuova Zelanda. Speravo di vedere il naso storto di Tindall raddrizzato da un gancio di Zara, non è successo. Forse glielo raddrizzerà fra le mura domestiche con due pugni: uno per le corna, ed uno per essere tornati a casa dopo una pessima figura.
E pensare che hanno sprecato critiche negative sui calci piazzati a vuoto da Jonny Wilkinson! Poveretto, sicuramente si allenava da solo mentre tutti gli altri erano impegnati in attività extra rugbystiche.
Peccato che “teste calde” come Chabal non sono state ammesse al mondiale, sarebbe stato bello sentire i suoi commenti e personalmente mi è mancato molto sia come atleta sia come personaggio. A proposito di Francesi, mentre gli Inglesi si divertivano i Galletti si scannavano nel loro pollaio: con il risultato che la loro attività almeno li ha portati in finale.
Vengo a commenti più tecnici, per quanto me lo permetta la mia bassa competenza in materia.
Italia. Beh, mi spiace dirlo, ma è stata deludente. Come ha detto Castrogiovanni non basta giocare per 40 minuti, no, non basta più. L’hanno spuntata con Russia e USA, ma erano vittorie un po’ scontate, non potevamo certo pensare di spuntarla con l’Irlanda, si sapeva fin dall’inizio.
Galles. Sono stata contenta di vederlo dove è arrivato. Giocano bene, sono giovani, hanno entusiasmo e capacità, non fanno sparlare di sé. Tutto meritato, senza macchie. Il Galles ha un glorioso passato alle spalle e spero che possa ancora fare parte del suo futuro.
Le partite che mi sono piaciute di più?
Irlanda – USA. Sebbene il risultato fosse scontato il match mi ha divertito tantissimo. Vedere gli Eagles è stata una piacevole sorpresa, non tanto dal punto di vista tecnico – negli USA il rugby non è uno sport molto popolare – quanto dal punto di vista strettamente coreografico. Sono molto… americani, a cominciare dai loro sorrisi dopo il match perso, sino ad arrivare ai fantasiosi travestimenti dell’entusiasta tifoseria: quanti super eroi fra il pubblico, sembrava di essere ad Hollywood!
Per non parlare – concedetemelo perché ci sta – dello splendido capitano Todd Clever.
A proposito, date una letta a un simpaticissimo articolo di Stefania Mattana, ne vale la pena.
Scozia – Argentina. Da che parte stavo? Da tutt’e due e ho sofferto come una bestia. Il solito nodo in gola mentre ascoltavo per l’ennesima volta lo splendido “Flower of Scotland”, ahimé senza le cornamuse. Adoro questa squadra. E mentre il mio cuore cavalcava ancora le sue note con visioni di kilt e facce dipinte di blu è stato afferrato dall’onda dell’inno argentino ed è naufragato nelle lacrime che i Pumas non si curano di nascondere ogni volta rendendoli ancora più uomini. Una partita equilibrata fra due squadre fondamentalmente simili seppure così lontane; un match che mi ha emozionato sino al midollo e che mi ha lasciato con l’amaro in bocca per la Scozia e la gioia nel cuore per i Pumas.
Una sintesi di questi miei pensieri è l’immagine d’apertura: la più bella del Mondiale, secondo me.
Australia – Sudafrica. Dichiaro la mia neutralità. Mi piacciono gli Wallabies: splendidi, veloci, giovani, sul campo volano come uno stormo di canarini… taglia extra strong. Si sono fatti un mazzo spaventoso contro il Sudafrica, ancora una volta abrasivo, devastante. Come si fa a non rimanere a bocca aperta guardandoli, come si fa a non inchinarsi davanti a tanta dimostrazione di forza e potenza? Una cosa avrei gradito, che Bismarck Du Plessis fosse in campo sin dall’inizio, forse avrebbe fatto la differenza: è un leone.
Pumas – All Blacks. Cavolo, si sapeva come andava a finire, ma la passione, il cuore e la durezza dei Pumas è ammirevole. L’Argentina è una bella squadra e merita di essere entrata finalmente a far parte del torneo australe. Contro la Nuova Zelanda si sono fatti onore e gli si deve ancora più rispetto e considerazione per il loro comportamento dopo la partita: hanno cantato e festeggiato. Gli All Blacks? Beh, sono gli All Blacks. Punto. Prima del match un momento toccante: Mils Muliaina ha festeggiato, acclamato dal pubblico, le sue 100 presenze. Gli occhi arrossati e la commozione dipinta sul suo viso è stata toccante. Dopo non sarà più degli All Blacks anche se, come ben sappiano, All Blacks si rimane per tutta la vita. Un atleta eccezionale Mils, pulito, competente, corretto, ma soprattutto una bella persona, un grande uomo dal cuore grande. Il suo discorso ai media ne è un piccolo assaggio.
Non resta che trattenere il fiato ancora un poco, godiamoci la fine delle danze e poi ritorniamo alla normalità. Si tireranno le somme, ognuno laverà i panni sporchi in casa propria, vi saranno inevitabili cambi ai vertici, ma la cosa importante è che tutto ciò avvenga con dignità e rispetto per il Rugby e per quella folta schiera di buffi scalmanati che ad ogni occasione si travestono divertendosi manco fosse Carnevale.