È sbagliato definire la Haka semplicemente come “la danza di guerra dei Maori”, perché essa è molto più di questo. Si tratta infatti di un rito ancestrale, basato su una composizione dei più svariati sentimenti: il disprezzo, la sfida, il benvenuto, il dolore, la gioia. Un richiamo a tradizioni antichissime che risalgono alla notte dei tempi.
Finalmente, dopo un lunghissimo periodo di battaglie legali, il governo della Nuova Zelanda ha riconosciuton agli Aborigeni la proprietà di quella danza. Oltre a questo, c’è in gioco anche un risarcimento di circa 121 milioni di euro e di alcuni terreni, per riparare agli abusi commessi dai colonizzatori inglesi contro la popolazione locale. Una delle tante gocce che hanno fatto traboccare il vaso è arrivata nientemeno che…dall’Italia. Credo sia ancora nella memoria di tutti uno spot della Fiat di circa 3 anni fa, nel quale un gruppo di donne imitava la Haka. Scandalo! La danza è vietata alle donne e, soprattutto, in quanto sacra, non andrebbe riprodotta per fare della profana pubblicità.
Wellington a suo tempo aveva anche chiesto spiegazioni all’ambasciatore italiano, ma la faccenda si era conclusa lì . In questi giorni invece, si è stabilito chei diritti della Haka sono patrimonio della tribù Ngati Toa, la medesima cui apparteneva Te Rauparaha, il capo-guerriero che la compose nel 1820 dopo essere sopravvissuto ad una battaglia. Quindi, basta con l’uso indiscriminato di questa danza.
Solo agli All Blacks, in quanto orgoglio nazionale, è stato concesso di usare la Ka Mate, una delle tante forme della Haka. Toglierla a loro sarebbe stato davvero troppo.